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Ippoterapia e onoterapia in un blog

Riportiamo l’articolo scritto dalla dr. Pamela Caprioli sul sito dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, per il quale cura il blog Ippoterapia e Onoterapia.

E’ il racconto di una seduta di ippoterapia effettuata dalla dr. Caprioli, componente della nostra équipe interdisciplinare, nel Centro L’Auriga, e un bell’esempio di “relazione che cura”.

 Lo psicologo, il cavallo e il bambino

Sto aspettando un nuovo incontro. Un bambino verrà per la prima volta al maneggio. I genitori hanno fatto richiesta per un percorso di ippoterapia.

Lo vedo arrivare con la macchina. Appena aperta la portiera, si lancia correndo lungo il corridoio della scuderia. A nulla servono i miei convenevoli, la mia accoglienza verbale. Lui è da un’altra parte, non mi vede proprio. E’ un piccolo bambino, un bambino che non parla, un bambino che ti guarda di lato, un bambino che non vuole essere toccato.

Come entra in relazione lo psicologo con lui? Come può solo cercare di rientrare nel suo mondo, nel suo sguardo?

Non credo ci sia una risposta preconfezionata, io almeno non la conosco, e quello che posso fare è osservare e cercare di capire.

L’ippoterapia, con il cavallo, e l’onoterapia, con l’asino, sono sicuramente delle terapie non convenzionali. Di sicuro non c’è il solito contesto terapeutico psicologico. Non ci sono lettini, sedie e tavoli, non ci sono stanze e porte. Il prato, la staccionata, l’albero e la scuderia fanno da cornice. Le regole del maneggio, l’orario, lo spazio e il vestiario fanno da contenitore.

Siamo dentro il campo di lavoro, un grande ovale delimitato da una staccionata. Fuori, erba, cavalli e asini che brucano liberi. Dentro, noi tre: io, il cavallo e il bambino. Anche il cavallo non parla, anche il cavallo ti guarda di lato, anche il cavallo a volte non vuole essere toccato.

Faccio un pensiero: forse entrambi hanno paura, forse non si fidano o forse quello che provano, mi sfugge. Penso che leggere la realtà utilizzando schemi noti, incasellandola in ciò che per me risulta essere normale, in ciò che conosco, mi rassicura. L’ignoto fa da sempre paura. Perciò un bambino che non parla non vuole parlarmi, se non vuole essere toccato, vuol dire che mi rifiuta. Se tendo una mano al cavallo e lui si allontana, vuol dire che non ha piacere a stare con me. Tutto questo può essere vero ma è la motivazione che si cela dietro a quel comportamento che mi sfugge.

Lo psicologo ha bisogno di un grande lavoro su se stesso, per conoscere i suoi pensieri, le sue emozioni e riconoscere che a volte sono solo sue e non del bambino che ha davanti, o che a volte quelle emozioni vengono proprio da quella relazione.

Il bambino corre per tutto il campo. L’istinto è di seguirlo e di acchiapparlo, di controllarlo. Può essere un modo di entrarci in relazione forzata ma non lo faccio.

Ancora una volta mi ritrovo a dover fare un passo indietro e capire cosa mi spingerebbe ad agire. Pensavo veramente che bloccare il bambino con la forza da adulto sarebbe stato il bene del bambino o invece riguardava solo un mio desiderio di fare una bella “seduta di terapia” da manuale?

Penso al cavallo e a come correre per lui significa salvarsi dai predatori. Il bambino forse non vuole uno che lo rincorre, vuole uno che lo accoglie. Ci provo. Io e il cavallo aspettiamo e osserviamo.

Io tengo il cavallo legato con una corda molto lunga. E’ lui che mi dirà cosa fare. Il bambino smette di correre e guarda il cavallo. I due non parlano, non hanno bisogno di parole, ma non vuol dire che non stiano comunicando. C’è tutto un mondo pieno di significati dietro alle azioni, dietro al corpo e ai suoi movimenti, dietro agli sguardi. La parola a volte, soprattutto nel mestiere dello psicologo, può imporsi così fortemente che si dimentica l’esistenza di altri canali comunicativi. Al bambino e al cavallo questo, invece, è molto chiaro. Si guardano di lato, si osservano, con calma, senza essere schiavi del tempo, senza invadere con la propria presenza fisica lo spazio vitale e di sicurezza dell’Altro. Questo reciproco rispetto è fondamentale per non risultare minacciosi. Si aspetta di essere invitati a entrare in uno spazio non nostro, questa la regola di buona educazione, ma prima ancora, una regola di buona relazione.

Il bambino si sposta lateralmente, e così facciamo anche io e il cavallo, gli uni di fronte all’altro, disegnando dei cerchi sulla terra. La paura dell’Altro, dello sconosciuto, si quieta. Se mi rispetta, se non invade il mio cerchio con le sue richieste e le sue pretese, con il suo corpo, forse non è pericoloso, forse posso fidarmi di lui. Io sono una preda, lui un predatore, ma forse la sua intenzione non è mangiarmi. Di sicuro lo pensano entrambi, bambino e cavallo. Io perciò, come psicologo, devo imparare ad ascoltare il linguaggio del mio corpo e rendermi meno predatore per il bambino. La paura lascia lo spazio alla curiosità, ad una spinta incontrollabile che ci avvicina all’Altro: il bisogno dell’Altro. Si ha bisogno di qualcuno che si prenda cura di noi, che ci protegga. Un cavallo solo in un prato è un cavallo morto. Un bambino solo, senza nessuno che si prenda cura di lui, non può sopravvivere. Ed è proprio la sopravvivenza alla base della danza emotiva che si gioca tra la paura dell’Altro e il bisogno dell’Altro. Nel mezzo c’è la fiducia, nel mezzo c’è il cerchio, luogo dell’incontro, uno spazio neutro dove decido e scelgo di entrare in relazione con l’Altro.

Ci sono modi diversi di entrare in contatto con gli Altri, non esiste un solo modo e fare esperienza di ciò, diventa terapeutico. Terapeutico per il bambino che è protagonista dell’azione, terapeutico per la famiglia che osserva da lontano quello che succede mentre una collega psicologa narra le dinamiche in campo, li ascolta e li sostiene. Gli equidi, che siano cavalli o asini, si prestano nel farsi garanti di una giusta mediazione tra mondi diversi, tra il mondo dei predatori e delle prede, tra il mondo del verbale e del non verbale, tra il mondo dell’adulto e del bambino. Lo psicologo spinge e promuove tali dinamiche dando un senso all’esperienza che in quel momento lui, il bambino e il cavallo stanno vivendo. Lo strumento cardine è la relazione.

Il momento mi sembra buono, faccio cenno al cavallo di avvicinarsi. Cauto, protende solo il collo per annusare i capelli del bambino. L’olfatto, quello più primordiale dei sensi, è un indispensabile strumento conoscitivo per l’animale. Il bambino alza la testa, osserva questo grande muso che è davanti a lui e ci appoggia entrambe le mani. Quel contatto non gli dà fastidio, non si ritrae. E’ un contatto piacevole, morbido e caldo. Il bambino alza lo sguardo, cercando il mio. Il cavallo è riuscito a mediare, a creare un ponte tra me e lui. Mi vede per la prima volta e mi sorride, vuole condividere con me la sua emozione.

“Sei felice vero?”

E’ avvenuto un cambiamento.

L'Auriga su Youtube

Quattro Colonne per L’Auriga

Quattro Colonne è il giornale multimediale della Scuola di giornalismo radiotelevisivo di Perugia: realizzato dagli studenti di giornalismo del vivaio umbro, lo si può leggere, ascoltare e guardare sul web, dove racconta con il linguaggio di oggi tematiche complesse e attuali.

quattro colonne

Tra queste, l’integrazione della diversità,  il disagio sociale sperimentato anche dalle persone con disabilità, gli strumenti possibili per ridurre l’emarginazione: lo sport, ad esempio, e nello specifico l’equitazione.

Maria Giovanna La Porta, della redazione di Quattro Colonne, è venuta a trovarci con una troupe, per sperimentare dal vivo la nostra realtà: sport, riabilitazione, benessere, integrazione… E soprattutto cavalli (e asini).

video quattro colonne stand upA noi premeva raccontare quello che facciamo e un po’ della nostra storia: cosa facciamo, come e perché, e per quale motivo è tanto difficile fare bene il nostro lavoro. Difficile non solo per noi, ma per tante realtà che operano nel settore sociosanitario: se il valore del rapporto con gli animali è sempre più riconosciuto e indicato nelle attività di riabilitazione, non c’è ancora una normativa nazionale che regoli l’accesso alle terapie e garantisca il livello qualitativo delle prestazioni.

A Maria Giovanna abbiamo raccontato i nostri primi vent’anni,  i nostri valori e i nostri metodi. La passione, i risultati e la fatica: tutti sulle nostre spalle e portati con orgoglio guardando alla strada fatta e a quella che ci aspetta. Una strada coerente anche se ricca di curve, guardando sempre dritti all’obiettivo, lo stesso che ci siamo dati nel lontano 1993: “favorire, diffondere e praticare tutte le attività al cui centro si ponga in qualsiasi modo il rapporto tra l’uomo ed il cavallo”, per stare bene insieme e aiutarsi a stare bene.

Lei ci ha osservato, ha intervistato la presidente e poi tradotto in un articolo e in un video le nostre storie.

Missione compiuta, ci sembra. Giudicate voi, leggendo l’articolo di Quattro Colonne oppure guardando il video sul loro canale Youtube.

 

L’Auriga al CONI

L’Auriga al CONI !!

Cosa ci faceva L’Auriga, al Palazzo delle Federazioni CONI?

Ritirava i premi per il Circuito di Discipline Equestri Integrate ASI     (Sofia, Nicola, Michela, Claudia: bravissimi, come Daniela e Valentina e tutto lo staff).
– Presentava l’edizione del Circuito di Discipline Equestre Integrate ASI 2014 (Cos’è? Guardate qui)).
Cercava, attraverso le parole della presidente, di spiegare che integrazione significa essere diversi e collaborare in quanto tali.
– Presentava la nuova iniziativa ASI – Equitare che porterà nuovi libri in maneggio per conoscere i “cavalli di carta”, tutti da leggere, insieme a quelli da montare.

Tutte le quattro cose insieme.

Sali in sella con l’Auriga

Sali in sella con l’Auriga !!
Volete conoscere il nostro mondo ??
Con Pam e Fise Lazio adesso si può: L’Auriga aderisce alla promozione Sali in Sella !

sella

I titolari di carta Per Te Pam e Panorama potranno regalare ai loro bambini (4-12 anni) un pacchetto di lezioni di equitazione a prezzo speciale.

Un’occasione preziosa per stare insieme al cavallo e per fare la conoscenza con L’Auriga

 Vi aspettiamo… Portate la vostra Carta!

Per informazioni e prenotazioni: 3346723849

Equus

Tim Flach
Equus

equus

Equus è un racconto per immagini, fatto dal fotografo britannico Tim Flach. Il suo primo libro, racconta l’autore nel suo sito (www.timflach.com), certo un libro che viene da lontano, almeno a giudicare dalla varietà di stili e scelte tematiche, che non appaiono mai casuali.

Citazioni pittoriche richiamano i ritratti di Stubbs, giochi di chiaroscuro virano all’optical astratto, il naturalismo paesaggistico cede il passo alla cura anatomica del dettaglio, che decontestualizzato si sublima in segno grafico e simbolo ancora da svelare. Suggestiva la serie di foto dall’embrione al puledro, spettrali i cavalli “in maschera”.

Tutto da vedere, guardare, osservare, digerire. Ricordando, come fa Flach, che Equus è “quella famiglia di animali che va dalla zebra all’asino, ma è soprattutto cavalli”.

In Italia, il libro è edito dall’agenzia fotografica Contrasto.

Contrastobooks, 2008; (fotografia) – Pagine 304, 162 fotografie a colori

La formazione del puledro secondo il metodo naturale

Raimondo d’Inenzo
La formazione del puledro secondo il metodo naturale

puledroFacendo tesoro dei principi del “Sistema naturale di equitazione” di Federigo Caprilli, e integrandoli con le più recenti metodologie di doma etologica, il Maggiore Giuliano Bacco, in servizio presso il Centro Veterinario di Grosseto, ha messo a punto questo metodo di formazione del puledro. Dal 2002 si dedica a tempo pieno alla formazione dei puledri sportivi per l’Esercito Italiano, con eccellenti risultati. La sua esperienza è oggetto anche di seminari per studenti universitari.

In cosa consiste la validità di questo metodo? Nel fatto che non è basato sulla coercizione e tanto meno sulla violenza, ma restituisce dignità al cavallo, riconoscendone le potenzialità e ricercando la sua fiducia e la sua collaborazione.

Il libro, di lettura scorrevole e documentato da numerose illustrazioni a colori, espone con chiarezza tutte le fasi di formazione del puledro, a partire dalla nascita fino ai quattro anni di età, momento in cui può iniziare l’addestramento vero e proprio come cavallo sportivo o da sella. Costituisce una valida guida per privati, maneggi, ma anche veri e propri allevamenti: per tutti coloro che hanno a cuore il benessere del cavallo, oltre alla responsabilità del suo sano sviluppo

[ Edizioni Equitare, 2009;- Pagine 128 – Euro 24,00 ]

Cavalli inutili ?

Roberta Ravello
Cavalli inutili ?

inutili

Questo libro, che inizialmente colpisce per l’ampia galleria fotografica, documenta la condizione dei cavalli abbandonati o diventati “inutili”. Il più delle volte gli equini vengono immessi nel circuito della macellazione, legale o clandestina, in quanto si tratta della soluzione più redditizia. Se però i cavalli provengono dal mondo delle corse e dell’agonismo, ci sono forti probabilità che si tratti di animali trattati farmacologicamente, le cui carni costituiscono un rischio per i consumatori, sia umani che animali.

La Ravello esamina le leggi e le normative vigenti al riguardo, ma espone anche i principi che dovrebbero regolare il rapporto, vecchio di trentamila anni, fra uomo e cavallo, in luogo dello sfruttamento a cui questo animale/compagno è spesso sottoposto. Infine ricorda le varie alternative possibili: oltre alla macellazione esistono il pascolo, l’affido, utilizzi diversi, insomma scelte più umane che tengano conto della dignità e del valore di questo amico dell’uomo.

[ Edizioni Equitare, 2008; Pagine 128 – Euro 14,00 ]

Il dito nella piaga

Gerd Heuschmann
Il dito nella piaga

dito

 

Questo è l’interrogativo che si è posto Gerd Heuschmann, medico veterinario da oltre vent’anni. La sua esperienza professionale e la sua pratica di cavaliere lo hanno convinto che “per malinteso orgoglio o semplicemente per ignoranza, cavalli anche giovani vengono costretti in posture che possono danneggiare fortemente la loro salute”. Si sta dunque battendo perché le pratiche scorrette vengano abolite nel più breve tempo possibile e si ritorni a educare e montare il cavallo in base ai principi dell’equitazione classica.

In questo libro fornisce risposte e offre argomentazioni riguardo a ciò che è “sbagliato” e “giusto” in equitazione. Spiega su quali argomenti poggia la sua critica e perché metodi scorretti nell’insegnamento dell’equitazione abbiano conseguenze gravi sulla salute del cavallo. Analizza le categorie di persone legate al mondo equestre e le responsabilità di ciascuna di esse: cavalieri, allevatori, giudici, pubblico, addestratori e allenatori, associazioni di allevatori e sportive. Introduce le nozioni fondamentali di anatomia e fisiologia, necessarie per comprendere quali siano i movimenti corretti per il cavallo e per il suo addestramento fisiologico.

“Il dito nella piaga”, dal titolo volutamente provocatorio, ha l’obiettivo di scuotere le coscienze di tutti i cavalieri.

[ Edizioni Equitare, 2008; Pagine 144 – Euro 29,00 – a cura di Giuliana Belli, traduzione di Luigi Pacetti ]

Fotofinish

G. Cacciatore V. Gebbia G. Palazzotto
Fotofinish

FotofinishAnimali e bestie, cavalli e uomini. I protagonisti dei tre racconti raccolti da Edizioni Ambiente nel libro “Fotofinish”. Si tratta della rielaborazione narrativa di tre delle migliaia di storie che, raccontate ogni anno dal Rapporto Ecomafia di Legambiente, confluiscono poi nella collana VerdeNero – Storie di Ecomafia.

“Fotofinish” è il secondo volume e racconta il mondo delle corse clandestine in Sicilia: i cavalli sono le prime vittime, destinati come sono a corse senza regole sull’asfalto delle periferie, dopati per andare più veloci e senza sentire dolore o fatica.

E poi ci sono gli uomini: quelli che i cavalli li sfruttano e quelli che dei cavalli si innamorano; la mafia e il resto del mondo, due realtà che condividono lo stesso spazio, spesso sfiorandosi o intimamente intrecciandosi, in un groviglio difficile da sciogliere.

Un cavallo, una storia, la prima è quella di Passione e un ragazzo senza nome, che trova la cavalla in un maneggio cadente e comincia a montarla. L’amore per la cavalla è quello che lo spinge, ma il proprietario del maneggio è implicato nelle corse clandestine e anche se a malincuore porta il ragazzo in gara, quasi a tradimento e nascondendogli la verità sui farmaci somministrati all’animale. Passione non regge, cade e muore. Il ragazzo scompare, “pof, come in una nuvola”. Come un fantasma che solo il proprietario del maneggio ricorderà, cercando di dimenticarlo e di dimenticare, con lui, la propria innocenza di ragazzo, quando anche lui credeva di essere a Camelot, “come nelle favole. Credendoci.” Ma “erano a Palermo. Loro a Palermo vivevano, e non a Camelot. Buttana della miseria” (“Si chiama Passione”, di Giacomo Cacciatore).

Il secondo racconto (“Brutto stronzo amore mio”, di Valentina Gebbia) è il monologo di una donna rivolto al figlio perduto. Un cavallo, Bonzo, regalatogli dal padre e mai montato, perché il regalo era un pretesto per tenere in piedi una storia con l’amante e avere un cavallo da fare correre per i signori di Cosa Nostra. Un giovane, Ciccio, che prima si stupisce del dono e poi ne comprende il senso, finendo col perdere la fiducia nel padre, facciata rispettabile e mani sporche. Il tragico chiarimento finale tra padre e figlio, l’uno colluso e l’altro risvegliato alla coscienza civile, una caduta accidentale che causa la morte di Ciccio, il rimorso che porta il padre al suicidio. Una donna che rimane sola, vestita di nero, tragicamente lucida.
Si chiama Angelo il ragazzo del terzo racconto: un “mongoloide”, un diverso. Angelo ama i cavalli e va spesso a trovare Peppe, nella pensione per cavalli che ospita anche gli animali dei mafiosi. Tollerato con la sua presenza goffa e ingombrante, Angelo diventa un pericolo quando un giorno, arriva alla pensione di Peppe a un’ora inconsueta e vede i boss scambiarsi denaro e medicine per dopare i cavalli. Lì si decide il suo destino: Angelo muore travolto non accidentalmente da un camion, proprio nel giorno in cui in quella pensione ritrova Re Ruggero, il cavallo con il quale aveva costruito un rapporto di amore e fiducia, e che gli era stato rubato. Morirà presto anche Re Ruggero, in una delle tante corse senza ritorno. (“Anche i cavalli sognano?” di Gery Palazzotto).

Federica Marino

[ Ambiente 2007 , Collana Verdenero (narrativa) – Pagine 128 – Euro 10,00 ]

 

Lo specchio di Pan

Maria Lucia Galli
Lo specchio dio Pan

specchio

 

Lo Specchio di Pan è una storia d’amore: tra un uomo e una donna, ma ancora prima e più intimamente, tra una donna e un cavallo. Lo specchio è lo sguardo dell’altro, come quando ci si specchia nelle pupille di chi ci sta di fronte. L’Altro è il cavallo Pan, e il suo sguardo laterale va dritto all’anima della donna che in esso si ritrova. Raccontata così, sembra una storia complicata, ma complicate sono le storie vere, anche le più semplici. E allora ricominciamo: Sara, un’affermata veterinaria, vede a una fiera di campagna un cavallo che le ricorda quello da lei lasciato a malincuore anni prima. Con un impulso improvviso, come se obbedisse a un richiamo oscuro, se lo porta via. Non lo ha riconosciuto, non ha ancora realizzato che il vecchio Pancio, più giallo che grigio e dagli incredibili occhi azzurri, è il lipizzano Pan, il suo cavallo di un tempo. Non lo sa ancora, ma quel vecchio cavallo destinato al macello le sembra forse un’opportunità di rimediare all’errore passato: non lo sa, ma lo sente. Qualcosa in lei si è spezzato, come una lastra di ghiaccio sotto cui ricomincia a scorrere l’acqua.

Lui invece, il cavallo, l’ha riconosciuta subito e adesso la aspetta, aspetta che anche Sara risalga la corrente dei ricordi e di emozioni troppo a lungo soffocate. Così, mentre gli umani percorrono a ritroso la storia di Pancio e si avvicinano sempre di più a Pan, condannato a morte dal suo temperamento indipendente e pensante, il cavallo lancia richiami silenziosi fatti di movimenti, esitazioni e sguardi, segni di riconoscimento solo per lei, perché lei veda, ricordi, torni al passato e a se stessa. A loro due. All’intesa spezzata. Accade improvvisamente, il giorno in cui Sara, ancora incerta se ascoltare l’anima anziché la mente, vede Pancio reagire come avrebbe fatto Pan di fronte all’uomo incaricato, anni prima, della sua vendita. Proseguire sulla strada della ragione, così proteggendosi dal passato, o rivolgersi a sé e al cavallo seguendo l’istinto, e finalmente riconoscere Pan, accettare il dolore e perdonarsi?
Sara, quasi senza accorgersene, affidò ai movimenti del suo corpo il compito di dirigere il cavallo dove voleva che andasse. E l’animale, in una danza nota ed antichissima, rispondeva attento ad ogni suo spostamento”. Nella danza di donna e cavallo nuovamente insieme, si sciolgono i nodi e tutto può riprendere a scorrere. Dopo essersi ritrovata guardando indietro e in sé, Sara può tornare a guardare avanti e all’uomo che con discrezione l’ha aiutata nel suo percorso interiore.
Psicologa e giornalista, Maria Lucia Galli mette le sue competenze al servizio della donna di cavalli che è: io narrante, storico e psicologico si incontrano e miscelano efficacemente in una narrazione che in modo limpido, ma mai freddo o pedante, racconta una storia di anime calandola nel mondo equestre di oggi. Cavalli mandati al macello perché “è vecchio e poi ha la testa matta, quello è un cavallo imprevedibile”, commercianti che fiutano l’affare, cavalieri esperti e affermati pronti a vendere un cavallo perché “non lo pieghi. Non hanno saputo fletterne la personalità. E’ troppo autonomo. Deve obbedire, cazzo!”. E poi i rari cercatori, che nei cavalli non vedono automi o strumenti, ma individui e “specchi, che riflettono di noi proprio ciò che non vogliamo riconoscere”. Una riflessione in forma narrativa, questo Specchio di Pan, in cui i sentimenti aprono la strada a modi diversi di guardare la realtà di sempre, per vedere oltre e piu’ in profondità.

[ Edizioni Equitare, 2008; (narrativa) – Pagine 160 – Euro 14,00]